"Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?"
"Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?"

IL BEL CESARE

La bellezza del grande condottiero (di Femia Arianna, 3BST a.s. 2022/2023)

Solo un grande generale?

Cesare (colui che fu pugnalato 23 volte, colui che pronunciò “Tu, quoque, Brute fili mi?”, lo ricordate vero? Dovreste…) è considerato un abile condottiero dalle spiccate doti militari che fu in grado, grazie alle sue straordinarie capacità, di conquistare vastissime aree e sottomettere intere popolazioni. La storia tramanda perlopiù questa sua immagine ma, fortunatamente, gli autori del tempo ci offrono anche ritratti originali del generale che lo mostrano sotto una differente luce.

Canoni di bellezza agender o quasi

Contrariamente a quanto si possa pensare, la cura estetica della persona non riguardava unicamente le donne ma coinvolgeva moltissimo persino gli uomini romani, anch’essi sottoposti ad una serie di canoni che regolavano la loro immagine esteriore cui erano tenuti a sottoporsi. Tali canoni si applicavano poi all’intera popolazione: dagli atleti, che curavano il loro corpo per prepararsi alle competizioni, agli schiavi, tenuti anch’essi a rasarsi la barba, per giungere persino ai soldati “profumatissimi”.

Cesare allo specchio

Prassi comune all’intera popolazione era la depilazione praticata ricorrendo all’utilizzo di gusci arroventati e cere a base di pece accompagnati da rudimentali pinzette (sembra piuttosto doloroso!). La depilazione costituiva di fatto una vera e propria norma: riguardava persino il passaggio di un fanciullo all’età adulta che si faceva coincidere con la rasatura della prima barba. La rilevanza di tale pratica era tale che persino le terme erano dotate di servizi appositi, dei quali usufruivano però unicamente gli uomini.

L’estetica del militare

La depilazione era una pratica estetica largamente diffusa anche tra gli imperatori e prima, tra i generali che conducevano dure campagne militari e tra gli stessi soldati che costituivano l’esercito e si dedicavano al combattimento e continuavano a preoccuparsi della cura del loro corpo al punto che, scendendo in battaglia, si distinguevano, oltre che per il loro valore, per il loro profumo (“…che l’uso di queste delicatezze sia giunto fino all’esercito…” dice Plinio)

Svetonio ci racconta di come Augusto fosse solito depilarsi ricorrendo ai roventi gusci di noce per far sì che i peli ricrescessero più morbidi ma, prima di lui, chi veramente si distinse per la sua attenzione all’aspetto esteriore fu il grande Cesare che vi si dedicava con un’attenzione tale che gli fece guadagnare diverse critiche. Svetonio racconta nel suo “Vita dei Cesari”:

“Fuisse traditur excelsa statura,colore candido,teretibus membrise,ore paulo pleniore,nigris vegetisque oculis,valetudine prospera […]. Circa corporis cura morosior,ut non solum tonderetur diligentem sed velleretur etiam,ut quidam exprobraverunt;calvitii vero deformitatem iniquissime ferret saepe obtrectatorum iocis obnoxiam expertus.Ideoque et deficientem capillum capillum revocare a vertice adsevuerat…”

“Cesare era di alta statura e ben formato, aveva una carnagione chiara, il viso pieno e gli occhi neri e vispi. […] Nella cura del corpo fu alquanto meticoloso al punto che non solo si tagliava i capelli e si radeva con diligenza, ma addirittura si depilava, cosa che alcuni gli rimproveravano. Sopportava malissimo il difetto della calvizie per la quale spesso fu offeso e deriso, e per questo si era abituato a tirare giù dalla cima del capo i pochi capelli.”

Questo passo del ritratto che Svetonio delinea di Cesare il suo interesse per la cura del corpo che pare culminasse nella pratica di una depilazione totale che era motivo di scherno. Essa mette anche in luce l’insicurezza di Cesare legata alla calvizie che tentava di mascherare pettinando adeguatamente i capelli e indossando spesso la corona d’alloro (per fortuna all’epoca era quello lo stile in voga).

La cura estetica a Roma

La cura estetica era largamente diffusa presso l’antica Roma: ne sono testimonianza, per esempio, le terme, presso cui si facevano bagni con oli e profumi, e le ricette per diversi unguenti (cui si attribuivano particolari proprietà) che ci sono pervenute tramite le fonti. Ovidio rivela l’importanza che l’attenzione all’aspetto esteriore rivestiva presso la Roma antica e si preoccupa di fornire, nei suoi componimenti “Ars Amandi” e ”Medicamina faciei femineae” informazioni e ricette che possano soccorrere chi, meno fortunato (e si rivolge in particolare alle donne poiché ritiene che la natura sia stata meno generosa nei loro confronti…), pecca in termini di bellezza e invita caldamente le genti a ricorrere a tali rimedi. Le ricette, che spesso prevedevano l’utilizzo di componenti disgustose (infatti si utilizzavano unguenti contenenti sterco di animale o urine di bambini e, per questa ragione, si consigliava di effettuare, per fortuna, questi rituali di bellezza in privato per non suscitare ribrezzo) includevano preparati per:

-sbiancare la pelle,e a questo scopo si utilizzavano bulbi di narciso macerati in acqua e limone o polvere di alabastro, olio di oliva e bicarbonato; si ricorreva persino alle urine dei bambini e al grasso del maiale. Ovidio personalmente raccomanda:

“…torrere lupinos et simul inflantes corpora frige fabas:utraque sex habeant aequo discrimine libras,utraque de nigris comminuenda molis.Ne cerussa tibi nec nitri spuma rubentis desit et Illyrica quae venit iris humo.[…]Addita de querulo volucrum medicamina nido ore fugant maculas:alcyonea vocant.”                                                                                                (“Medicamina faciei femineae”)

“abbrustolire i pallidi lupini e nel contempo fa’ cuocere grani di fava gonfiata: gli uni e gli altri abbiano la medesima misura: sei libbre, riduci in polvere entrambi con delle mole nere. Abbi a portata di mano della biacca, schiuma di rosso nitro e dell’iris proveniente dalla terra illirica. Dopo aver aggiunto la sostanza presa dal nido dei queruli alcioni, vedrai che elimina le macchie dal volto (la chiamano alcioneo).”;

combattere le rughe con cera d’api, incenso, olio di oliva e latte fresco, con midollo di bue, olio d’oliva, foglie di finocchio selvatico, chiara d’uovo o ancora con grasso di serpente, sale, miele e cera d’api.

-nutrire i capelli e per questo si utilizzavano rametti di mirto, bicarbonato di sodio e foglie di alloro, mirra con menta e cannella.

Ovidio non si trattiene affatto e anzi si assicura che i suoi lettori non commettano errori o trascurino le pratiche per la preservazione della bellezza ammonendoli con così dolci parole:

Quam paene admonui, ne trux caper iret in alas,
     Neve forent duris aspera crura pilis!
                              […]
Quid si praecipiam ne fuscet inertia dentes,
     Oraque suscepta mane laventur aqua?”

“d’olezzo acre di capro non putisca mai la vostra ascella, di ispidi peli pungenti non sia mai dotata la vostra gamba, e che non riduciate i vostri denti neri per pigrizia, quando basta sciacquarsi la bocca ogni mattina”.

   (Ars Amandi,libro III)

Si tratta solo di un generico elenco: la cosmetica romana si estendeva all’utilizzo di una ben più ampia gamma di prodotti (il che testimonia quanto loro importasse). Ah, pare proprio che “chi bello vuole apparire, un poco deve soffrire” (e non solo lui ma direi anche chi gli sta vicino in queste occasioni) calzi a pennello nell’antica Roma.

Nella cultura romana,dunque,la severità dei mores maiorum si intreccia armoniosamente all’attenzione per la cura estetica (che dev’essere però, sempre in ottica romana, moderata) e Cesare, il grande astuto generale dai chiari disegni di conquista e potere è il perfetto esempio dell’incontro tra le due sfere.

SITOGRAFIA

https://www.romanoimpero.com/2010/07/cure-di-bellezza.html

https://www.romanoimpero.com/2019/12/svetonio-cesare-paragrafo-1-40.html

https://www.thelatinlibrary.com/ovid/ovid.artis3.shtml