La parola alla storia e alla letteratura (di Alessio Randazzo, 3BST a.s. 2022/2023)
La storia ci presenta spesso Giulio Cesare come un uomo attraente e seduttore di molte donne. Ma era veramente così? O esisteva un lato nascosto, che il grande conquistatore non era solito sbandierare per le strade di Roma e dell’impero?
La “stalla di Nicomede”
Vi immaginereste Cesare a un corteo LGBTQIA+, lottare in particolare per la lettera B di bisessuale, in una campagna di sensibilizzazione sociale o in moti di protesta? Ebbene, pare proprio che il famigerato adescatore fosse attratto anche dagli uomini e in particolare dal sovrano di Bitinia, Nicomede IV Filopatore. I rumores che ci giungono circa questo fatto vengono esposti sia nel De Vita Caesarum di Svetonio sia in alcune lettere di Cicerone, ed entrambi gli autori concordano sui presunti rapporti omoerotici del “clemens”. Sembra infatti che egli abbia chiesto aiuto al re nella penisola anatolica per ottenere una flotta di navi in modo da sostenere quella romana a Mitilene, allo scopo di annettere l’isola di Lesbo. Fin qui tutto normale, un consueto scambio di natura politica e militare. Peccato che Cesare sia ritornato poco tempo dopo in Asia senza giustificazioni per vedere nuovamente Nicomede. Un viaggio (finalizzato inizialmente al recupero di un credito presso un liberto), di per sé senza scuse, ma che forse aveva un qualche significato. Almeno per il romano. E da quel momento in poi gli venne detto in patria “[…] Aperite portas regi calvo et reginae Bitiniae […] Ave rex et regina!”, cioè “aprite le porte al sovrano calvo e alla regina di Bitinia, salute al re e alla regina!”, alludendo proprio al duplice ruolo che si raccontava fosse svolto intimamente dal “dictator”. Si trattava di una situazione che non suscitava scandalo per la presenza di due maschi nella relazione, ma piuttosto per le ragioni da cui il rapporto era derivato, ossia da favori materiali, e quindi ritenuto non “virile” e “passivo” (impudicitia e contubernium).
Le reazioni al gossip
Persino i soldati, che nell’ambito del triumphum (il “trionfo militare”) potevano rivolgere al loro comandante versi scurrili e “piccanti” come da costume, non si lasciarono scappare questa occasione di derisione. Ci viene, per l’appunto, tramandato un testo canzonatorio e dal carattere volgare tratto dai Carmina Triumphalia: “Gallias Caesar subegit, Nicomedes Caesarem: ecce Caesar nunc triumphat qui subegit Gallias, Nicomedes non triumphat qui subegit Caesarem”, che tradotto suona come “Cesare ha sottomesso le Gallie, ma Nicomede ha sottomesso lui. Oggi trionfa Cesare che le Gallie ha sottomesso, non trionfa Nicomede che ha sottomesso lui” (dove il verbo “subegit” è usato con accezione prima letterale e poi allusiva). A testimonianza non solo del solido legame che vi era tra Giulio Cesare e i suoi “milites”, ma anche di quanto velocemente circolassero le voci e i pettegolezzi a Roma. È inoltre divertente un soprannome, probabilmente concepito dal console del 59 a.C. Marco Campurnio Bibulo, che consiste in “omnium mulierum virum et omnium virorum mulierem”, “marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti”, facendo perno sulla sospetta omosessualità del generale. E infine fu pure Dolabella, contro cui Cesare aveva mosso accuse di concussione durante il suo periodo di malgoverno in Macedonia, a definircelo “spondam interiorem regiae lectiae”, “sponda interna di una regia lettiga” o “pelicem reginae”, “rivale della regina”, un contendente all’amore di Nicomede.
Finita qui? Assolutamente no!
La nascita di un’altra relazione nella guerra in Gallia con Mamurra, un cavaliere romano arricchitosi con la vendita di appalti da parte di Cesare, viene citata dal ribelle poeta Catullo, tanto coraggioso e premuroso verso il “mos maiorum” da andare contro il suo stesso protettore delle arti. Tuttavia, lo scrittore in seguito si scusò per le sue dichiarazioni diffamatorie di riprovazione morale, venendo poi perdonato dal “clemens”, che addirittura lo invitò a cena. Sempre destinate a marcare le sue inclinazioni sessuali vi sono anche numerose frasi pronunciate da Marco Antonio che sostenevano un’ipotizzata storia con il nipote adottivo Ottaviano, questa volta atte a screditare il futuro Augusto.
Ma è tutto vero?
Spesso questi atteggiamenti incriminatori e irrisori avevano il fine ultimo di danneggiare l’immagine di un politico troppo ambizioso che intimoriva l’ala conservatrice dell’aristocrazia romana, già prima che assumesse un potere autoritario. È pertanto piuttosto complesso attribuire una veridicità assoluta alle fonti, ma traspare comunque una visione rispettosa dell’omosessualità non passiva, se non si considera il campo dello scherno, volendo più aperta di quella attuale, in cui esistono purtroppo resistenze all’inclusione e all’uguaglianza, che fanno dilagare l’ignoranza e una totale miopia sociale.
Se volete approfondire, ecco la bibliografia:
- DE VITA CAESARUM, Svetonio
- Giulio Cesare, Enciclopedia Treccani
- Nicomede IV Filopatore, Enciclopedia Treccani
- Cicerone dà dell’omosessuale “passivo” a Cesare in Senato, Pillole di Storia
- Omosessualità nell’antica Roma, Wikipedia