"Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?"
"Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?"

Publio Terenzio Afro, colui che abbozzò l’umanesimo

Publio Terenzio Afro, colui che abbozzò l’umanesimo

DI SARAH TOLEDO (3BST)

In molti, per pura passione o perché costretti dal percorso di studio seguito, sapranno che Publio Terenzio Afro era assurdamente disprezzato dai forti e  valorosi romani, con il cervello sopra il cappello, ma oltremodo adorato da autori successivi come Petrarca (1304-1374).

Infatti, se analizziamo in modo paziente i due autori, noteremo una forte somiglianza e, continuando a percorrere una sottile linea del tempo, ci accorgeremo che tale somiglianza diede luogo a un movimento ben definito e ben noto.

Di cosa parlo? Ma dell’Umanesimo naturalmente! Partorito da Terenzio, questo nuovo “approccio” cresciuto grazie ad autori come Petrarca e Boccaccio, fino a diventare quello che tutti studiamo a scuola.

Forse, però, è bene iniziare questa passeggiata con un breve ripasso.

Terenzio, come annunciato prima, non veniva granché acclamato dai nostri rispettabili senatori e “paterfamilias” romani giacché, a differenza di Plauto, non mirava a far sbellicare dalle risate il proprio pubblico bensì a farlo riflettere su temi come l’etica. I personaggi proposti nelle sue palliatae non sono infatti tipi fissi e poco interessanti, ma tutto il contrario! Essi affrontano dei cambiamenti psicologici importanti e Terenzio tenta proprio di far notare la sottigliezza di tale umanità. Perciò il termine latino “humanitas” sembra quello più vicino a quello greco “paidéia”, ovvero il desiderio di conoscere e di imparare perché la cultura è ciò che distingue l’uomo dalla bestia, rendendolo migliore. Però bisogna evidenziare che “l’humanitas”, che comprende anche la mitezza e la giustizia, assume un significato ancora più generale presso i Romani: si tratta di una connessione a livello espressivo che parte dalla notazione “uomo” per arrivare fino a quella di “generosità e mitezza” del comportamento.

Per semplificare questo viaggio temporale vi propongo l’esempio della commedia Heautontimorumenos (in italiano Il punitore di se stesso) in cui Menedemo pentito, dopo aver ostacolato l’amore del figlio per una fanciulla senza mezzi, punisce se stesso costringendosi a lavorare il proprio campo dall’alba fino al tramonto. Cremete, il suo vicino, desidera aiutarlo ma il vecchio scontroso respinge il dialogo accusando l’altro di essere indiscreto; a quel punto Cremete risponde con la celebre battuta <<sono uomo, e di quello che è umano nulla io trovo che non mi riguardi>> (homo sum: humani nil a me alienum puto).

Cosa c’entra Petrarca in tutto questo? Petrarca, come saprete, è il maggior esponente dell’Umanesimo, un movimento culturale che si afferma in Italia nel 1400 i cui padri sono formalmente considerati Dante, Petrarca e Boccaccio, e per lui la letteratura è dove si concentrano i più alti valori umani ed è utile in quanto riconduce alla riflessione interiore. Inoltre, Petrarca alterna l’uso del volgare e del latino considerando quest’ultima lingua ufficiale. Difatti sono molte le opere personali in latino come il “De otio solitario”, dove confronta la vita erudita con quella cittadina, oppure il “Secretum” dove troviamo un interessante dialogo tra Petrarca stesso, Sant’Agostino e la personificazione della Verità. Ma oltre a quelle latine sono numerose anche le poesie in volgare dove possiamo riconoscere le varie tappe che portano l’autore alla più profonda conoscenza di se stessi. 

Proprio qui si vede che non è tanto diverso dal pensiero di Terenzio! Perciò possiamo dire che il noiosissimo e barboso Publio Terenzio Afro non fu un autore qualsiasi che non venne mai apprezzato, bensì colui che anticipò l’idea della magnificenza della mente umana e delle sue tenui ma intense sfumature perché l’evoluzione dei personaggi delle sue opere miravano ad accentuare difatti temi piuttosto complessi, come il rapporto tra padre e figlio oppure il matrimonio, focalizzandosi sull’intero quadro scenico dei personaggi.

Fonti: